Asociación para el estudio de temas grupales, psicosociales e institucionales

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L. Boscolo: La relazione paziente-operatore


Loredana Boscolo

La relazione paziente-operatore. Il lavoro d'equipe

 
La Relazione paziente-operatore.

Il lavoro d'equipe

Chioggia, 22 Marzo 2005

 

Dottoressa Loredana Boscolo

 

La relazione paziente-operatore. Il lavoro d'équipe (1)

Prima di affrontare la tematica sulla Relazione Paziente - Operatore: Il Lavoro d'équìpe, Vorrei precisare che cosa si intende per “DISABILITÀ”, in modo che, la terminologia adeguata ci faccia per lo meno superare l'ostacolo epistemologico e lo stereotipo del soggetto portatore di handicap.

In primo luogo, non è il soggetto che è portatore di handicap! Ma sono le condizioni ambientali, culturali e sociali che producono svantaggio sociale ed emarginazione.

La classificazione internazionale delle menomazioni dell' O.M.S (I.C.D.H.) definisce:

MENOMAZIONE: è il danno permanente o temporaneo sia della struttura che del funzionamento del corpo e/o dell'apparato psichico.

DISABILITA': è la perdita della capacità operativa subentrata a causa della menomazione, caratterizzata da eccesso di carenza di comportamenti o di funzioni che normalmente ci si attende che la persona compia.

HANDICAP: sono gli effetti della menomazione e della disabilità che producono a livello sociale-ambientale un processo di svantaggio sociale e di emarginazione.

Queste classificazioni o definizioni ci permettono di avere un codice condiviso come punto di partenza per comprendere, diagnosticare diverse patologie fisiche-psichiche e sensoriali in una individuazione multidimensionale e contestuale (per esempio: fattori organici, rotture dei legami con l'ambiente, fattori psicosociali ecc.).

Dopo queste definizioni possiamo fare lo sforzo di cambiare vertice e pensare al disabile come ad un soggetto che possiede abilità diverse, che è quindi diversamente abile rispetto alle nostre aspettative. Tutto questo ci porta al “Pensiero della Differenza” e ci permette di soffermarci e di focalizzare la nostra attenzione soprattutto sulle risorse anziché sui deficit.

1 La persona Disabile: un percorso per l'integrazione nell'assistenza socio-sanitaria. Progetto finanziato dal Fondo Sociale Europeo. Risorse che non dovrebbero essere solo individuali ma gruppali-istituzionali e comunitarie, in quest'ottica dobbiamo lavorare ed elaborare le problematiche non manifeste “implicite” sulla qualità della vita quotidiana.

Ci riferiamo in particolare, nella comprensione delle problematiche attorno alla disabilità, sulla psicologia degli ambiti di Bleger:

Intendo dire che ogni Comunità (o anche territorio per certi aspetti) produce una propria idea-visione con la situazione di handicap e trasmette un immaginario sociale.

Ogni Istituzione risponde ai bisogni dei disabili mettendo a disposizione risorse economiche, personali e progettuali.

Ogni Gruppo ha la sua idea di come assistere o intervenire con percorsi assistenzialiterapeutici e riabilitativi con i disabili a seconda delle risorse che il gruppo ha a disposizione (gruppo che può essere l'équìpe, un'associazione di volontario o del privato sociale) rispetto al compito istituzionale.

Ogni Operatore ha una sua idea di come “prendersi cura” della situazione del disabile a partire da quella che è la sua esperienza, la sua specifica professione e la sua formazione e il compito che deve svolgere.

Questi ambiti si influenzano dialetticamente uno con l'altro, dobbiamo pensare che sempre gli effetti dell'ambito individuale avranno conseguenze sull'ambito gruppale-istituzionale e comunitario. I quattro ambiti sono così interagenti che si dovrebbe parlare di un solo ambito con più piani o livelli di analisi (Bleger).

Se la comunità rifiuta o non ha linee di sviluppo sociale e di solidarietà a favore delle persone con disabilità saremo in presenza di forti pregiudizi e resistenze per l'integrazione comunitaria del disabile, tale “ostilità” può anche ostacolare le diverse progettualità istituzionali sia di tipo socio sanitario che educativo.

Quando parliamo di contesto ci riferiamo a questi ambiti nei quali transitiamo costantemente nell'area della disabilità “ in una situazione disciplinare di frontiera tra scientificità e politica”. (Bauleo).

Il nostro obiettivo sarebbe quello “di creare condizioni di possibilità” al fine di sconfiggere i pregiudizi ed affrontare ed elaborare le resistenze al cambiamento. Quando creiamo condizioni di possibilità pensiamo anche come si sviluppa e come si attiva la relazione: operatore-paziente (utente) nel momento in cui viene fatta una richiesta di aiuto.

Qui vorrei sottolineare che la richiesta è diversa dalla domanda.

  • La richiesta è quello che l'utente richiede a partire da quello che si aspetta gli venga dato, da un operatore, da un équìpe o da un servizio, e così via.

Per esempio: la famiglia fa la richiesta di inserimento del familiare disabile in una struttura residenziale, questo è l'aspetto manifesto della domanda ma sempre la domanda ha anche un aspetto latente.

Elaborare la domanda significa considerare l'aspetto implicito-latente, ed è in questo processo di elaborazione che entra in gioco la relazione operatore-utente.

Affinché si sviluppi la relazione si devono dare le condizioni minime (setting):

  • spazio
  • tempo
  • compito
  • funzioni

Quello che tecnicamente viene definito “setting”. La relazione deve essere di tipo assimetrico non può esserci amicalità perché si entrerebbe in una simmetria che sconfina in una complicità non funzionale per l'utente e nello stesso tempo dannosa per la salute mentale dell'operatore. Poiché prevarranno i meccanismi delle Identificazioni proiettive.

Se non vi è una distanza ottimale nella relazione il vincolo che si produce è indiscriminato su “Chi è Chi” nell'ascoltare e analizzare la domanda di aiuto o di intervento (sia di tipo assistenziale che di tipo terapeutico e riabilitativo).

Poiché deve essere analizzata e valutata questa domanda, la sua motivazione e chi se ne deve occupare (se il singolo operatore oppure l' intervento di équìpe). Nel momento in cui si accoglie la domanda bisogna analizzare il livello di ansietà che è presente nella famiglia, la rigidità dei ruoli, la distorsione nella comunicazione ed i livelli di indiscriminazione del compito (inversione nei ruoli o situazioni di promiscuità), tutti questi aspetti danno un'ipotesi di diagnosi di situazione che va al di là della patologia del singolo, per il quale inizialmente era stata fatta la richiesta di intervento da qui possiamo fare una prognosi o pensare alle strategie terapeutiche.

Avendo in mente questi aspetti si può quindi modificare il tipo di intervento o progetto assistenziale dalla richiesta iniziale di residenzialità che si può trasformare in una richiesta (dopo aver processualmente elaborato la domanda) di inserimento in un centro educativooccupazionale diurno o un intervento di tipo domiciliare o prendere in carico la famiglia attraverso Psicoterapia Familiare ecc.

Quindi anche il bisogno deve essere articolato e differenziato, certo che questo lavoro dovrebbe essere fatto compatibilmente con le risorse disponibili sia come strutture-servizi esterni esistenti sia come operatori appartenenti non più ad un singolo servizio ma ad équìpe di diversi servizi.

Credo che il passaggio più complesso sia quello di passare da una logica del lavoro individuale a quello con più operatori che appartengono a servizi diversi sia del territorio che dell'ospedale.

La tematica della disabilità ci obbliga e ci convoca al lavoro d'equipe ed in ultima istanza al lavoro dell'UVMD (Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale) in cui sono presenti operatori con professionalità diverse appartenenti ad istituzioni con finalità diversificate ma che sono insieme poiché vi è un compito comune: elaborare un progetto socio-educativo assistenziale e riabilitativo più adeguato alla persona disabile e alla sua famiglia.

 

Il lavoro d'équìpe

Siamo di fronte ad una modalità operativa e ad una organizzazione flessibile in cui diverse professionalità sono chiamate a mettersi insieme per un compito comune.

Ovviamente questo passaggio ci induce a rielaborare i nostri precedenti schemi di riferimento, non solo un'èquìpe è multidisciplinare ma anche interistituzionale.

Da qui la complessità di lavorare in èquìpe.

Per definire l'èquìpe possiamo partire dal concetto normalmente accettato di cos'è un gruppo.

Bleger, in Psicoigiene e Psicologia Istituzionale dice:

“Il gruppo è un insieme di individui che interagiscono tra di loro e condividono certe norme per la realizzazione di un compito”.

Questa sarebbe una descrizione di tipo naturalistico, che esiste nell'esperienza di ognuno di noi indipendentemente da un soggetto che osserva.

Mi pare importante concordare con Bleger il passaggio in cui introduce l'osservazione fenomenologica: quella che si realizza all'interno dei fenomeni così come sono percepiti, vissuti o organizzati per esempio l'osservatore nel lavoro di gruppo è il coordinatore. Quindi un gruppo o un'équìpe oltre ad essere un insieme di persone con professionalità e storie personali differenti che entrano in rapporto tra loro, secondo Bleger, “un gruppo è una socialità stabilita su uno sfondo di indifferenziazione o di sincretismo in cui gli individui non hanno esistenza in quanto tali, tra cui agisce una permanente transitività”.

Voglio dire che questo fenomeno lo possiamo verificare o vedere nel lavoro terapeutico con le famiglie in qualità di terapeuti o coordinatori di gruppo quando vi sono degli attacchi al setting oppure, può succedere quando, vi è un cambiamento di organizzazione, che talvolta può produrre disgregazione della personalità, in virtù del fatto che il gruppo e l'organizzazione sono la personalità degli individui o a volte le organizzazioni costituiscono parti della personalità degli individui, (un esempio: alcune persone quando vanno in pensione si ammalano).

Le istituzioni e le organizzazioni sono depositarie della socialità sincretica, la quale ci spiega molto bene la tendenza alla burocratizzazione e alla resistenza al cambiamento.

Per Bleger l'istituzione è: “l'insieme di norme, di regole e di attività raggruppate attorno a valori e funzioni sociali.

L'organizzazione è una disposizione gerarchica di funzioni che si svolgono generalmente all'interno di un edificio, di un'area o di uno spazio delimitato. Invece Bauleo ne dà una maggiore articolazione: “Ogni istituzione per raggiungere finalità ha sempre una organizzazione di base intergruppale. All'interno di una istituzione esistono differenti gruppi (sanitari, tecnici, amministrativi) per differenti compiti, che organizzano una rete di relazioni che costituiscono la trama istituzionale.

Per esempio un'organizzazione si burocratizza quando i mezzi si trasformano in fini, è interessante vedere in questa ottica quando una organizzazione tende a conservare la medesima struttura del problema che tende ad affrontare. Esempio ogni ospedale finisce per avere in quanto organizzazione le stesse caratteristiche dei malati stessi (isolamento, deprivazioni sensoriali, deficit di comunicazione ecc.).

Il mio interrogativo sarebbe per poter lavorare in equipe, come l'istituzione favorisce organizzazioni flessibili?

Con questo interrogativo intendo dire come l'istituzione favorisce organizzazioni che diventino uno strumento che facilita e non ostacola il portare avanti compiti istituzionali comuni.

l'istituzione come crea degli spazi per passare da multiprofessionalità ad interdisciplinarietà! Poiché il lavoro di équìpe, si può produrre nel momento in cui si passa da raggruppamento a gruppo, nel momento in cui si elabora il passaggio da uno schema di riferimento primario aduno schema di riferimento secondario.

Necessariamente l'organizzazione deve essere flessibile per poter tessere e intervenire in rete ad un livello più trasversale, livello in cui la comunicazione tra diversi operatori è fluida, e nelle diverse relazioni che si instaurano si possono affrontare certe problematiche, e come, nuove problematiche e nuovi progetti possono entrare, in cui i ruoli non sono stereotipati e difensivamente fissi, in cui esistono spazi per elaborare le ansietà che si producono nella pratica quotidiana del lavoro dove si possono costruire nuovi pensieri e dare sistematizzazione concettuale e visibilità al lavoro che si sta facendo o svolgendo .

Quindi:

  • Come si possono sconfiggere le resistenze al cambiamento nel lavoro di equìpe durante un processo di cambiamento che produce tante volte “paralisi operative” e regressioni a vecchi schemi operativi.
  • Come elaborare i passaggi dei vecchi schemi di riferimento verso nuovi schemi di riferimento che ci diano la possibilità di costruire codici comuni.
  • Come si elabora il passaggio da una multiprofessionalità ad un interdisciplinarietà, cioè come da un insieme di professionisti si può arrivare ad essere un'équìpe di lavoro.
  • Chi contiene la tensione e l'intergioco nel passaggio di uno schema di riferimento comune e la costruzione di un codice che si possa arricchire delle differenze, delle diversità e dell'eterogeneità dei diversi operatori.
  • Come possiamo rompere comportamenti stereotipati che agiscono con modalità di tipo competitivo ostacolando la circolazione dell'informazione.

I percorsi di formazione

Credo che i percorsi di formazione siano indispensabili anche per gli operatori in cui vi sia la possibilità attraverso spazi gruppali coordinati di elaborare le resistenze al cambiamento che sono insite in ogni processo di cambiamento e di trasformazione delle organizzazioni.

Fondamentale è creare condizioni di possibilità nella pratica operativa quotidiana, intesi come percorsi, passaggi di integrazione tra operatori che lavorano nell'ambito territoriale e operatori e professionisti che lavorano in ambito ospedaliero.

 

BIBLIOGRAFIA

José Bleger, Il Gruppo come istituzione e il gruppo nelle istituzioni in AAVV L'Istituzione e le istituzioni; Roma Borla 1991.

José Bleger, Psicohigiene y psicologià istitucional Biblioteca de Psicologià general, Buenos Aires Editorial Paidòs 1986.

Armando Bauleo, Psicoanalisi e gruppalità Roma Borla 2000.


(1) La persona Discapacitada: un recorrido por la integración en la asistencia socio-sanitaria. Proyecto financiado por el Fondo Social Europeo.


La Dottoressa Loredana Boscolo è Psicologa-Psicoterapeuta. Responsabile Unità Operativa Handicap. AULSS n° 14 Chioggia.


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